Incontro
Sideri, anzi Eugenio, o meglio ancora per me che lo conosco da anni Euge, nei
camerini del teatro Rasi di Ravenna.
Eugenio, vuoi cominciare
col dirmi quando hai scritto il monologo Finisce
per A?
Circa
cinque, sei anni fa direi… cinque per la precisione.
Perché il titolo Finisce per A?
È
legato a un aneddoto realmente accaduto ad Alfonsina Strada, personaggio
protagonista del monologo, che fu iscritta al Giro d’Italia come Alfonsin Strada. Ora, perché manca
quella “A”? Un refuso? Un errore commesso di proposito in un periodo in cui ci
si vergognava di iscrivere una donna a una corsa maschile in un mondo al
maschile? Fatto sta che ho immaginato Alfonsina reclamare il proprio nome al
femminile, la propria femminilità, AlfonsinA, finisce per A, non ve lo
dimenticate, sembra dire.
È stato faticoso per te, da uomo, calarti nei
panni di una donna, e di una generazione che non ti appartiene?
No,
ma non perché io sia andato a cercare quella parte femminile che è in me;
semplicemente perché il personaggio di Alfonsina si offre per quello che è: una
donna che ha una terribile volontà e vuole correre in bicicletta. Per cui la
mia preoccupazione non è stata tanto quella di pensare “come una donna”, ma
come una persona, uomo o donna che fosse, che vuole realizzare il proprio sogno;
nel caso di Alfonsina prendere la bicicletta e pedalare, per ore e ore,
sfidando la fatica fisica ma anche e soprattutto i pregiudizi feroci dell’epoca,
le offese e le ingiurie che la raggiungevano durante la corsa.
Quindi personaggio sportivo sì, ma prima di
tutto persona, essere umano?
Sì, una
persona che lotta e combatte per raggiungere il proprio obiettivo, a
prescindere dal sesso.
Da dove è nata l’idea di scrivere la storia di
Alfonsina?
L’idea
devo dire che è nata all’interprete, Patrizia Bollini, che si è innamorata di
questa figura bellissima, coinvolgendo e facendo innamorare anche me e il
regista Gabriele Tesauri.
A te per che cosa ti ha fatto innamorare?
Perché
Alfonsina combatte una battaglia al femminile senza essere femminista; è una
donna ignorante, non ha studiato, per cui non accampa rivendicazioni di
carattere politico; semplicemente ama la bicicletta e vuole andare in
bicicletta. Combatte una battaglia al femminile senza bisogno di dichiararla,
semplicemente “facendo”, agendo.
La storia di Alfonsina risale al maggio del
1924?
Sì,
ed è per questo che è ancora, come dicevo prima, più forte e di grande impatto
emotivo.
Impatto emotivo
sul pubblico secondo te maggiore o minore di una storia al maschile?
Posso
dirti che sono quattro anni che raccogliamo consensi e successi. È una storia
che piace, e anche - lo devo dire - per come la raccontiamo noi, ma né più né
meno di una storia al maschile, perché è la storia di una volontà molto
precisa, molto forte; di una bella persona che oltre alla forza di volontà ha
in sé anche una grande umanità, perché si prende cura per tutta la vita di una
nipote, che oltretutto la gente indicava come sua figlia segreta, ma lei lascia
dire, non si cura delle maldicenze e va avanti in silenzio.
Bene, mi preparo a
vedere questa grande Alfonsina…
Alfonsina
Morini, sposata Strada, che va ad abitare a Bologna in Via delle Ruote!
Era proprio un destino il suo!
Sì,
un destino scritto nel nome.
Susy De Crescenzo
Nessun commento:
Posta un commento