Incontro
Sideri, anzi Eugenio, o meglio ancora per me che lo conosco da anni Euge, nei
camerini del teatro Rasi di Ravenna.
Eugenio, vuoi cominciare
col dirmi quando hai scritto il monologo Finisce
per A?
Circa
cinque, sei anni fa direi… cinque per la precisione.
Perché il titolo Finisce per A?
È
legato a un aneddoto realmente accaduto ad Alfonsina Strada, personaggio
protagonista del monologo, che fu iscritta al Giro d’Italia come Alfonsin Strada. Ora, perché manca
quella “A”? Un refuso? Un errore commesso di proposito in un periodo in cui ci
si vergognava di iscrivere una donna a una corsa maschile in un mondo al
maschile? Fatto sta che ho immaginato Alfonsina reclamare il proprio nome al
femminile, la propria femminilità, AlfonsinA, finisce per A, non ve lo
dimenticate, sembra dire.
È stato faticoso per te, da uomo, calarti nei
panni di una donna, e di una generazione che non ti appartiene?
No,
ma non perché io sia andato a cercare quella parte femminile che è in me;
semplicemente perché il personaggio di Alfonsina si offre per quello che è: una
donna che ha una terribile volontà e vuole correre in bicicletta. Per cui la
mia preoccupazione non è stata tanto quella di pensare “come una donna”, ma
come una persona, uomo o donna che fosse, che vuole realizzare il proprio sogno;
nel caso di Alfonsina prendere la bicicletta e pedalare, per ore e ore,
sfidando la fatica fisica ma anche e soprattutto i pregiudizi feroci dell’epoca,
le offese e le ingiurie che la raggiungevano durante la corsa.